La “rivelazione” di Fulvio Palese nel disco che uscirà il 21 luglio

Fulvio Palese

L’ispirazione è filosofica, il titolo del suo prossimo lavoro discografico, in uscita il 21 luglio, è “α–λήθεια”, vocabolo che indica lo stato del non essere evidente. Lui è Fulvio Palese, sassofonista e compositore, perfezionatosi nel jazz sotto la guida di Roberto Ottaviano, Jimmy Owens, George Cables, Cameron Brown e Javier Girotto. Lungo l’elenco dei musicisti di prestigio con cui ha collaborato. Rimaniamo sul futuro prossimo dell’artista di Racale. Il suo prossimo lavoro recherà l’etichetta di AlfaMusic e sarà distribuito da Egea/Believe. E il 26 luglio, a Presicce, inizierà l’Hypogeum Jazz Festival, del quale Palese è direttore artistico. Primo concerto nell’atrio “San Giovanni Battista”, dove si esibirà il suo Special quintet e sarà presentato “Alétheia”; il 4 agosto, nei Giardini pensili del Palazzo ducale si ascolterà la musica del “Mario Rosini” Trio; l’11 agosto, nel chiostro Madonna degli angeli suonerà il “Carolina Bubbico” Trio.

“Alétheia” è il nuovo tuo album, in uscita il 21 luglio: cosa troveremo in questo lavoro?
«Il disco è formato da nove tracce, tutte mie composizioni ad eccezione di “Guarda che luna”, il celebre brano di Fred Buscaglione qui reinterpretato da Carolina Bubbico, e di due brani scritti a quattro mani con Pietro Vincenti, il pianista della band che ha collaborato con me anche agli arrangiamenti.
Rispetto a “The comics tune” è un lavoro più corale e per certi aspetti più orchestrale. Con enorme piacere, infatti, ho ospitato Lucia Ianniello, col suadente suono del suo flicorno, Marco Ancona, che ha impreziosito alcuni brani con il suono vintage della sua chitarra, Carlo Marzo, alle percussioni, Francesco Leone e Alessandro Dell’Anna, rispettivamente trombone e tromba. E, non per ultima, mi piace menzionare Arianna Greco, che con la sua pittura enoica è l’autrice dell’immagine di copertina, vino su tela dal titolo “Hybris”.
Il tutto sotto la supervisione di Fabrizio Salvatore per l’etichetta AlfaMusic».

Perché questo titolo, che in greco significa “verità”?
«Ho voluto innanzitutto non dimenticare la mia formazione filosofica. Il termine “alétheia” presso gli antichi greci significava “lo stato del non essere nascosto” ed implicava la “verità”, ma non nell’accezione moderna, piuttosto nel senso di qualcosa di mitico che è fondamento di ogni tradizione. Da qui il suo significato di svelamento, rivelazione. La motivazione di fondo di questa mia “alétheia” è nell’incontro con i musicisti del quartetto di base del cd (Piero Vincenti al pianoforte, Francesco Pennetta alla batteria e Paolo Romano al basso) con i quali ci siamo “rivelati” nelle nostre comuni intenzioni, nella comune formazione, quella realizzata a partire dalla musica degli anni ’70-’80. Un progetto voluto e condiviso fin dall’inizio».

Prima “The comics tune” cioè “la melodia dei fumetti” , ora “Aletheia”: ma chi è Fulvio Palese?
«I due lavori sono in continuità fra loro e sono espressione di un percorso musicale e stilistico da me intrapreso alcuni anni or sono che in qualche modo mi ha portato a rivalutare gli ascolti della mia adolescenza. Diciamo che in “Alétheia” è ancora più accentuato un certo senso melodico della musica che a primo acchito lo rende più fruibile. Come dico spesso, noi italiani abbiamo insegnato al mondo una cosa, in campo musicale: come si scrivono le melodie. Ecco, vorrei che questo non mancasse mai nei miei brani».

Hai suonato con grandi maestri: chi ha lasciato un’impronta nel tuo stile e nella tua concezione di musica? E quali sono questi segni?
«È difficile fare uno o pochi nomi in tale senso. Certamente un saxofonista che ho sentito molto vicino negli ultimi anni e della cui amicizia mi onoro è Javier Girotto, sia per il suo modo di suonare che per il suo modo di comporre. Ma ne dovrei citare tanti e raccontare tanti aneddoti. Ad esempio, in agosto avrò nuovamente il piacere di suonare con Ami Stewart e l’Orchestra della Magna Grecia: sentire dalla sua voce i brani di Ennio Morricone appositamente scritti per lei è una grande emozione. Magari non sarà nulla di tecnico per il mio modo di suonare, ma è qualcosa che mi arricchisce molto. E poi, Ami è una donna bellissima e di gran classe».

Hai dichiarato che l’esperienza del disco precedente, “The comics tune”, abbia rafforzato in te l’idea che sia necessario essere sinceri col proprio pubblico, cioè proporre musica senza fare calcoli preventivi e tenendosi fuori dalle mode del momento. Questo è un chiaro atto di accusa all’odierno mercato discografico…
«Questa è una cosa che ho imparato in parte a mie spese ed in parte frequentando i grandi. Certo, la musica che proponiamo non è mai fuori da un contesto e da un mercato, ma credo che quello che oggi manca del tutto, almeno a livello di grandi circuiti, sia proprio la produzione frutto della propria ricerca personale. Ve lo immaginate voi un De Andrè o un Battisti in preda alle mode del momento? Quanto al mercato discografico propriamente detto, direi che si tratta di un cadavere a cui ancora non si è riusciti ad organizzare un degno funerale. Oggi i cd si vendono solo nei live (per fortuna) e la vendita in rete lascia a mio avviso un po’ il tempo che trova. Ho fiducia, però, che a breve vedremo il ritorno di alcuni prodotti di nicchia come il vinile».

Il 26 luglio comincerà la seconda edizione dell’Hypogeum Jazz Festival, rassegna dedicata a un genere dalla comprensione non proprio immediata, agli antipodi di ritmi e sonorità della ‘pizzica’, etichetta del Salento: quale risposta registri da queste parti alla proposta del jazz?
«Il Salento oggi dal punto di vista delle rassegne jazz è una specie di isola felice. Ve ne sono molte ed alcune oramai anche molto famose. L’Hypogum di Presicce è alla seconda edizione. L’hanno scorso abbiamo avuto tre serate tutte sold out, speriamo di ripeterci quest’anno.
L’associazione “Amici della Musica”, organizzatrice dell’evento con il patrocinio del Comune di Presicce, è composta da un gruppo di persone di buona volontà molto motivate ed efficaci. Quest’anno, peraltro, avremo anche il patrocinio del Conservatorio di Lecce, che nella persona del suo direttore Giuseppe Spedicati ha voluto sottoscrivere la nostra iniziativa. Quanto al rapporto con la pizzica “etichetta del Salento”, per finire: credo che una politica culturale oculata insieme ad alcune scelte mirate possano creare spazio e risorse per tutti. Non serve agire in contrapposizione, è importante fare sistema».

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