La violenza sulle donne al tempo del Covid-19: un fenomeno sociale in tragica ascesa

La violenza contro le donne è un fenomeno sociale sempre in crescita nel nostro Paese che non tende a retrocedere. Si tratta di un fenomeno complesso e, per contrastarlo, bisogna partire dal contesto culturale e sociale perché la violenza è radicata nella cultura ancora patriarcale dell’uomo verso la donna.

Se analizziamo il periodo di emergenza covid-19, chi è stato vittima di violenza di genere, ha sofferto di più perché ha evidenziato la difficoltà delle “vittime” di chiedere aiuto, a causa della convivenza, della presenza assidua dentro le mura domestiche del “carnefice violento”.

Il covid 19, a causa dell’isolamento imposto dall’emergenza, ha costretto molte coppie, famiglie a convivere sotto lo stesso tetto, evidenziando per quanti ancora non lo avessero percepito, la problematica della violenza domestica. Le vittime che hanno vissuto il lockdown in casa con il proprio aguzzino hanno avuto, nel periodo, risvolti gravissimi per la convivenza forzata, lo raccontano i numeri drammatici dei femminicidi fra il  2020 e il 2021

I casi di violenza domestica sono in aumento, negli ultimi tre anni: 123 i casi di femminicidio nel 2017 in Italia, 142 nel 2018, 94  nel 2019. 91 circa nel 2020, una donna ogni 3 giorni – 81 sono stati commessi nell’ambito familiare – all’interno della coppia proprio in relazione alle condizioni di convivenza forzata dei nuclei familiari, determinando un rischio per le donne, già esposte alla violenza perché chiuse in casa, non arrivano a chiedere aiuto e i femminicidi continuano.

Negli 87 giorni di lookdown per l’emergenza covid, (dal 9 marzo al 3 giugno). per non dimenticare, sono state uccise 21 donne in ambito familiare (una donna uccisa ogni 2 giorni, per intenderci).

Una carneficina, una mattanza che trova proprio nella famiglia il suo teatro più drammatico: 103 nel 2021, 33 nel 2022 sino a giugno.

Il lockdown, come si evince, triplicato gli omicidi perché ha costretto alla convivenza forzata anche molte donne con rapporti difficili in famiglia o in via di separazione spesso da mariti o compagni violenti.

E’ l’ennesimo fallimento della legge, della stessa legge sullo Stalking,  che è entrato a far parte del nostro ordinamento con il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito in Legge 23 aprile 2009, n. 38), che ha introdotto all’art. 612 bis c.p. il reato di “atti persecutori”,  con il quale si vuol far riferimento a quelle condotte persecutorie e di interferenza nella vita privata di una persona.

Gli omicidi continuano anche nel 2022 perché molte denunce di vittima, molte grida cadono nel silenzio, nel vuoto e l’esempio di tutte le “donne vittime del proprio aguzzino” fu  Clara Ceccarelli, 70 anni, uccisa a coltellate dal suo ex compagno a Genova. Clara due settimana prima era andata a pagare il suo funerale, “agghiacciante” la sua storia perché aveva capito che sarebbe finita male.

E’ bene tener presente che molte donne non denunciano perché non hanno fiducia nello Stato, nelle Istituzioni come testimoniano le cifre appena citate; molte vittime oggi, non denunciano il loro stalker, per paura perché economicamente non sono autonome; non hanno la sicurezza di essere protette e si chiudono nel loro mondo, nel loro “io”, continuando a subire le vessazioni dello stalker; lamentano l’abbandono da parte dello Stato, la lentezza della burocrazia italiana; la mancanza di aiuto, la mancanza di “controllo” dello stalker una volta formalizzata la denuncia; lamentano, la non applicazione della legge e l’incertezza delle pene.

“Quando si è vittime, si resiste sempre fino allo sfinimento fisico e intellettuale. Ci si annulla, ci si isola, ci si ammala e, sempre, ci si considera sbagliate e in torto”. La drammaticità di questa riflessione fa capire quanto sia necessario e urgente intervenire. In primo luogo culturalmente. La vittima si sente e viva in una gabbia.

La vittima dovrebbe essere resa consapevole del fatto di essere responsabile in prima persona della propria sicurezza e fare una lista di numeri di telefono utili (es. della Polizia, di amici stretti, di centri per la violenza domestica, di un avvocato, ecc.).

È fondamentale rendersi conto che denunciare lo stalker non è solo uno strumento per punire il proprio persecutore, ma un modo per avviarlo a un percorso di rieducazione civile, che metta un freno a comportamenti pericolosi.

La strage delle donne, anche nel 2022, non tende a fermarsi, dall’inizio dell’anno ad oggi sono 30 femminicidi. Forse nessun risultato è stato fin qui raggiunto e, lo dimostrano i numeri che sono spietati, dove il 44,6% dei casi la vittima aveva precedentemente denunciato il suo carnefice, il suo stalker, il suo orco senza ricevere protezione adeguata.

Benché non esistano ancora dati concreti sulla portata del fenomeno, è quasi certo che il numero delle vittime di questo tipo d’intrusione violenta nella vita privata – vittime perseguitate, terrorizzate e talvolta anche aggredite fisicamente o psichicamente – è in costante aumento. È imperativo e urgente trovare una soluzione per tutte le persone a rischio e, addirittura, per gli stalker, i quali vanno assistiti.

È un dovere premurarsi di chi, attraverso telefonate, sms, e-mail vuole dimostrare segni di affetto che, tuttavia, si trasformano in vere e proprie forme di persecuzione limitando la libertà della vittima, violando la sua privacy e giungendo perfino a spaventarla.

Ci vuole maggiore supporto alle vittime, un intervento in grado di affrontare la vera emergenza italiana, il “VIRUS LETALE – LA VIOLENZA SULLE DONNE” che, ancora oggi pur avendo il coraggio di denunciare non hanno fiducia nello stato e nell’istituzioni.

I bambini e le famiglie meritano maggiore attenzione e rispetto del diritto di difesa, dei diritti umani

L’obiettivo principale di questa continua battaglia e impegno sociale è sensibilizzare l’opinione pubblica, lo stato, l’istituzioni e, tutti a un cambio radicale sociale, iniziando dal linguaggio in primis meno violento. Il linguaggio, la comunicazione sono fondamentali e oggi secondo il mio modesto parere siamo noi stessi che nel dialogare, parlare creiamo le discriminazioni dalle semplici parole come “AVVOCATA, ASSESSORA, SINDACA” e, possiamo parlare di parità di genere se, poi noi stessi creiamo le disuguaglianze

Purtroppo ben altro bisognerà fare per tutelare le vittime di violenza di genere, “Le grida di molte vittime cadono nel silenzio”.

Il femminicidio è una realtà quotidiana che non deve passare attraverso alcun cavillo politico. Dev’essere combattuto e condannato.

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