Giornalismo e giornalisti 2.0

aspirante giornalistaTutto scorre, nulla sta fermo, tutto cambia, si evolve; il futuro è una macchina da corsa senza retromarcia. E non poteva essere diversamente per il giornalismo. L’informazione, che ha sempre detenuto lo scettro del “quarto potere”, è finita nelle mani del popolo della rete.

L’avvento di Internet nella quotidianità delle nostre azioni si è rivelato una vera rivoluzione culturale; se da un lato possiamo dire che l’alfabetizzazione “internettiana” ha portato tanti benefici, dall’altro possiamo affermare che ha prodotto svantaggi enormi sulla qualità delle notizie che circolano indisturbate e senza nessun filtro o controllo. Il proliferare di blog, di giornali web e profili vari che molte volte rendono una notizia simile a una scheggia impazzita, sia essa vera o falsa, è una piaga che andrebbe curata. Qual è la sottile linea tra attendibilità e non di quello che leggiamo? Questo è un grande interrogativo che troverebbe risposta soltanto qualora si decidesse di creare un organo di vigilanza con regole rigide, perché la verità dovrebbe essere sempre la base da cui partire per informare. L’avvento dei social network ha permesso la nascita di un giornalismo diffuso e partecipativo; i lettori hanno bisogno di conoscere e interfacciarsi con il giornalista che deve rendersi disponibile al dialogo, spiegando, laddove ce ne fosse bisogno, il senso del suo scritto. 

Questa è la chiave del successo per il giornalismo del futuro: ci piaccia o no, ma è così. Nessuno può sottrarsi alla dura legge della domanda. Calano drasticamente le vendite dei giornali cartacei, ora basta un “click” e ci si affaccia sul mondo, ci si ritrova sul balcone dell’informazione. Il giornalismo è cambiato radicalmente come anche i giornalisti, per non estinguersi, devono cambiare velocemente per evitare di diventare dei dinosauri. È affascinante pensare ancora all’idea di una redazione, una macchina per scrivere e diverse ore a disposizione per redigere un articolo. 

 Oggi ormai bisogna essere veloci, un po’ zingari e vivere la strada, armati di portatili, tablet, macchina fotografica e, perché no, anche di una telecamera. E questo non per arrivare primi sulla notizia ma per essere sulla notizia e dentro la notizia. Quello che si scrive oggi su un giornale web è già preistoria il giorno dopo sul cartaceo. Questa è la realtà che però urta contro la logica remunerativa del lavoro più bello. E qui c’è l’errore più grande commesso da tutti i nuovi editori e giornalisti 2.0; la notizia non può essere “regalata”. Ha un costo scrivere, è un lavoro che richiede preparazione e sacrificio e non si può svendere per ottenere dei “Like” su un social qualsiasi. E non si può sopravvivere soltanto grazie alla pubblicità: le aziende sono in crisi e possono destinare sempre meno fondi alla promozione. Serve un’azione forte della Politica, perché la giusta informazione (e questa non potrà più essere divulgata soltanto dalla carta stampata) è alla base della democrazia; a questo punto bisognerebbe fermarsi e studiare una soluzione che consegni al lettore un prodotto di qualità e al nuovo giornalista la possibilità di vivere delle sue fatiche e non di mendicare pochissimi euro per un articolo che costa fatica, ingegno e fantasia. Non c’è nulla di più avvilente della risposta che molte volte siamo costretti ad ascoltare quando diciamo di essere dei giornalisti: “Va bene, ma di lavoro che fai?”. Eppure il giornalismo non è un hobby. 

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