Nessun dorma… c’è la musica di Puccini

Lecce – Mercoledì 17 luglio, nel Chiostro dell’ex Convento dei Teatini a Lecce, l’Associazione Musicale “Coro Lirico di Lecce” ha omaggiato il celebre compositore Giacomo Puccini, a cento anni dalla sua morte, proponendo le arie più conosciute ed amate.

Ad introdurre la serata, la presidente del Coro lirico di Lecce, Linda Coclide, e a traghettare il pubblico verso quel mondo magico, romantico e struggente di fine Ottocento e primo Novecento è la regista Rosangela Giurgola, che di quell’uomo malinconico ne traccia, con dovizia di particolari, la storia umana e professionale.

Ad accompagnare al pianoforte i soprani Silvia Rosato Franchini, Gloria Giurgola ed il tenore Antonio Pellegrino è il M° Ettore Papadia.

Si parte dall’aria “O mio babbino caro” che fa parte dell’Opera in un atto “Gianni Schicchi” rappresentata per la prima volta al Metropolitan, il 14 dicembre del 1918 insieme al Tabarro e a Suor Angelica, insieme costituiscono il cosiddetto Trittico. Questa, differisce dalle altre, piuttosto cupe e drammatiche, perché buffa e quasi grottesca. A seguire “Tu che di gel sei cinta”, tratta dalla prima scena del terzo atto di Turandot. Un’opera innovativa che nasce dall’ascolto delle partiture di Debussy, Stravinskij e Schoenberg ed una nuova collaborazione, quella con Simoni e Adami, e rispecchia il profondo senso di umanità del musicista, che desidera far prevale l’amore sull’odio e ancora, il suo grande rispetto per la melodia che, secondo il Maestro Puccini, doveva emergere rispetto al sinfonismo dell’epoca.

C’è un interessante aneddoto che riguarda la prima di Turandot, avvenuta il 25 aprile del 1926, quando Puccini era già morto a causa di un tumore alla gola, perché il celeberrimo Direttore d’Orchestra Toscanini interruppe l’esecuzione proprio nel punto esatto dove Puccini, suo malgrado, si era dovuto fermare. Ricordiamo che l’opera fu poi completata da Franco Alfano. La prima di Tosca, su testo di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, è del 1° gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma e fu accolta con molto entusiasmo. A regalare una grande emozione è “Vissi d’arte”, una preghiera struggente che Tosca eleva in cielo con la speranza che il suo amato possa essere salvato. Scorrono le dita del M° Papadia sul meraviglioso pianoforte a coda con “Intermezzo di Manon Lescaut”. L’opera tratta dal romanzo “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut” dell’abate Antoine Francois Prèvost (1731), lo stesso che aveva ispirato Massenet, fu affidata alla scrittura di Leoncavallo e di Marco Praga, Domenico Oliva, Luigi Illica, Giuseppe Giacosa e Giovanni Ricordi. Manon Lescaut fu rappresentata al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio del 1893. Calda, passionale e sensuale. In “sola, perduta, abbandonata” una delle arie più drammatiche dell’opera, Manon, a pochi minuti dalla sua morte grida la sua solitudine e la paura di morire. Ancora “Un bel di Vedremo”, che la giovane Cio-cio-san canta mentre fiduciosa attende il suo Pinkerton, il ricco americano, tornato però in compagnia della moglie, solo per sottrarle il figlio e di fatto inducendola all’ “onorevole suicidio”. L’opera ispirata dal romanzo “Madame Chrysanthème del 1887 di Pierre Loti, inaugura nella letteratura occidentale la moda dei temi giapponesi. Fu poi riadattata sotto forma di racconto col titolo “Madame Butterfly” da John Luther Long, un avvocato di Philadelphia e messa in scena a Londra dal drammaturgo e regista teatrale americano David Belasco. Puccini, che la vide, pur non comprendendo l’inglese rimase così colpito da volerla musicare. Aiutato dai librettisti Illica e Giacosa e allungata in due atti, andò in scena alla Scala il 17 febbraio del 1901 e poi in tre atti e molte modifiche al Grande di Brescia, dove ebbe talmente tanto successo da fargli dimenticare il fiasco della prima. “Addio fiorito asil” canta Pinkerton, forse con in cuore un po’ di rimorso. Con l’immancabile aria “Mi chiamano Mimì” Puccini tratteggia una donna delicata, dolce e premurosa ma anche decisa ed indipendente. Mimì con la scusa della candela spenta va nella soffitta abitata da un gruppo di amici, tra cui Rodolfo di cui è già innamorata. Ogni dettaglio è messo in luce ed ogni parola apre la via ad un sentimento intenso che, come sappiamo, si spegnerà sul finire dell’opera, con la morte di Mimì a causa della tisi. L’opera, tratta dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Murger fu proposta a Puccini da Leoncavallo, che all’inizio esitò ad accettare ma in seguito portò avanti autonomamente affidando il soggetto alla scrittura di Giacosa e Illica. La prima avvenne al Teatro Dal Verme il 21 Ottobre del 1897 con la Direzione Orchestrale di Arturo Toscanini. L’ultima fermata di questo viaggio tra i sentimenti umani è “Nessun Dorma” che nell’opera Turandot invoca, affinché si scopra il nome del principe ignoto. Sarà proprio quest’aria a salutare con un bis il pubblico, che con un fragoroso applauso ha premiato l’ottima esecuzione degli artisti e delle artiste.

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