I nonni fra i ricordi di ieri e le attese del domani

La festa dei nonni è una festa civile diffusa in  alcune aree del mondo, celebrata in onore della loro figura e dell’influenza sociale e culturale degli stessi. Da noi  si festeggia da qualche anno il 2 ottobre, ma in altri Paesi – Canadà, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia – è  celebrata già da alcuni decenni,  con l’obiettivo di educare le giovani generazioni a mantenere vivo il rapporto coi genitori dei loro genitori.

L’appuntamento che oggi è sancito dalla legge 159 del 2005, vuole essere un momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale. Per l’occasione è istituito pure un Premio Nazionale del nonno e della nonna d’Italia in favore di chi tra loro  si è distinto per azioni meritorie sul piano sociale. Oggi dieci riconoscimenti sono stati assegnati dal Presidente della Repubblica.

I nonni non sono solo una figura di riferimento affettivo, ma pure figure che affrontano e sorreggono. Compiti nuovi nella società, agevolati da un vigore che è la conseguenza delle conoscenze accumulate relativamente  agli stili di vita e ai passi in avanti compiuti dalla medicina.

Accompagnano i nipoti a scuola, li vanno a riprendere se i genitori sono ancora al lavoro, sbrigano le faccende di casa loro e dei figli e spesso si occupano pure del pranzo e della cena: sono migliaia le famiglie in Italia che non saprebbero come fare per far quadrare i conti a fine mese, senza il loro prezioso contributo. Bisogna poi ricordare il contributo educativo che mettono in atto nel contesto familiare.

I nonni in Italia sono circa dodici milioni, prevalentemente donne in rapporto di 60 a 40 con gli uomini. Nel nostro Sud, soprattutto, le generazioni successive poggiano sulle loro spalle, in media un nonno su tre si occupa dei nipoti. Ma le percentuali tendono ad aumentare con l’abbassarsi dei livelli d’istruzione degli anziani: meno interessi hanno più sono disposti ad occuparsi della famiglia.

Una situazione positiva sul piano umano, ma anche dalla contingenza economica. E’ giusto quindi che ci si prenda un giorno all’anno per celebrare i nonni. Coi capelli bianchi, pieni di malanni, un po’ zoppicanti, più preoccupati: ma sempre essenziali e disponibili.

E’  giusto ricordarli oggi, per non dimenticare che c’è un anno intero per valorizzare la loro figura  ed aiutarli, quando piuttosto che darci una mano saranno lì col braccio teso a chiedercela.
Il nonno oggi è sempre lì, a testimoniare il passato spesso pieno di tribolazioni, di sofferenze inaudite, di dedizione alla famiglia, interessato a tutto e per dare tranquillità  a tutti.

Durante la guerra e nel dopoguerra, quando bisognava lavorare sodo e pesantemente per ricostruire il Paese  povero e umiliato, privo di risorse materiali e dove il cibo scarseggiava , essi hanno lottato in mille modi  eroicamente con le unghie e con i denti per eliminare la fame, la miseria  e garantire la  costruzione di un mondo migliore  per dare dignità alla nostra  esistenza.

Le battaglie che essi hanno combattuto sono tantissime e solo per amore nostro e per il nostro riscatto sociale, culturale e materiale. Tutto ciò che vediamo, tutto  il benessere di cui godiamo oggi non è piovuto dal cielo, ma dal sudore della loro fronte e dalle loro battaglie e sofferenze silenziose.

Ricordiamo che non c’è cosa bella o buona che non sia  costata sacrificio. I nonni non meritano la solitudine, l’emarginazione, non possono essere gettati via  dopo essere stati “usati” e dopo un’esistenza spesa per donare amore. Il nonno è una figura sacra e nobilissima che pur avendo uno sguardo al suo passato, guarda sempre al futuro delle nuove generazioni, affinché esso sia  dignitoso e privo degli stenti da lui vissuti.

Egli consiglia, esorta, guida i nostri passi con la sua esperienza di vita e con la cultura  accumulata nella sua esistenza. Oggi, purtroppo, dopo avere dato tutto e tanto, spesso egli conclude la sua vita negli ospizi, in pianto, con la coscienza lucida e spietata della propria “estraneità”, condizione  dolorosa e deprecata, isolato da tutto e da tutti gli affetti per cui si è speso e ricordandosi dei tempi felici, anche se in miseria, egli  elemosina qualche rara visita di un familiare, magari di un nipote, perché in esso vede la continuità della sua esistenza umana.

Il nonno attende  sempre che qualcuno si ricordi di lui, egli  elemosina  qualche briciola di affetto, ma anche la  morte di cui l’ospizio è l’anticamera. Sulla tavola dell’ospizio spesso ci sono dei fiori che preludono ai crisantemi sulla tomba. Questa per fortuna non sempre è la condizione di tanti nonni,  che dopo essersi fracassate le ossa lavorando ed offrendo a Dio i sacrifici sofferti per  noi, debbono soffrire ancor di più per la nostra imperdonabile incuria affettiva.

Cari giovani, è un nonno che scrive. Nel corso dei miei insegnamenti, anni fa, ho voluto sempre sottolineare che la vita è sacra ed è un dono di Dio, che essa va amata in tutte le sue forme, ed in tutte le stagioni. I nonni sono le nostre radici, da esse dobbiamo trarre valori ed esperienze di vita per migliorare la nostra spesso distratta umanità.

Abbiamo una ricchezza di conoscenze per poterci porre in continuità col passato che sempre vive nel presente e si riverbera nel futuro, nel futuro di tutti. Solo tenendo fede a questi principi di  giustizia intergenerazionale ed al rispetto di chi viene prima di noi possiamo aspirare ad una società migliore e ad un futuro  migliore.

Rispettiamo, amiamo e ringraziamo sempre i nostri cari nonni, stiamogli vicino e pendiamo dalle loro labbra, perché  le loro parole sono ricche di bontà, di esperienza  e di amore per noi.  Un giorno tutto ciò ti mancherà! Festeggiamoli sempre  e ringraziamo il Signore per il loro dono.

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