TAP: è fatta!

Alea iacta est, TAP si farà. La notizia era ormai nell’aria da diversi giorni ma con l’annuncio, nella serata di ieri, del Premier Conte si mette definitivamente la parola fine ad un teatrino che a più riprese ha illuso gli ultimi speranzosi.

“Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma fermare l’opera comporterebbe dei costi insostenibili”, sono queste le parole con cui il professor Conte spiega i motivi dell’impossibilità dell’arresto dell’opera. Un costo che secondo le dichiarazioni degli esponenti di spicco del Movimento cinque stelle sarebbe superiore a quello complessivo del reddito di cittadinanza e della “quota cento” in ambito pensionistico.

Se da un lato degli esponenti del governo domina un sentimento di rammarico, determinato dalla prima grande rottura con i propri elettori, dall’altro lato gongola il vice-premier Matteo Salvini. L’esponente leghista, sebbene nelle sue visite in Salento abbia manifestato una timida contrarietà all’opera sull’onda del sentimento popolare, da quando salito al governo ha sempre millantato dei presunti tagli alle bollette degli italiani.

E il paradosso è tutto qui. Mentre la parte gialla del governo dimostrava la sua contrarietà ad un’opera che avrebbe portato il gas azero in Europa e non avrebbe avuto il minimo impatto sui consumi italiani, la parte verde del governo instillava la credenza secondo cui a fronte di un sacrificio locale il Paese intero ne avrebbe beneficiato.

Questo susseguirsi di dichiarazioni degli esponenti del governo, che ad uno scontro diretto hanno sempre evitato di arrivarci, fungevano da contorno a degli scenari internazionali che facevano presagire un finale già scritto. Il culmine di questi segnali lo si è avuto nell’incontro alla Casa Bianca tra Conte e l’istrionico presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il quale in esecuzione di una politica isolazionista ai danni della Russia, si era pronunciato senza mezze misure in favore del gasdotto.

Tuttavia arrivati a questo epilogo appare inutile dilungarsi in inutili dietrologie. E’ quantomai necessario in questo momento che gli esponenti di spicco dei cinque stelle si rechino su quel territorio che in loro aveva riposto fiducia incondizionata, raccogliendo percentuali bulgare nelle scorse elezioni, a spiegare che quel tubo – lo si voglia o no – passerà sotto i loro piedi.

Pur non volendo sottrarre nulla alle opinabili manovre di rottura con l’indirizzo del recente passato che il governo sta tentando di mettere in pratica, non senza l’ostruzionismo delle opposizioni e delle istituzioni europee, non può negarsi questo primo grande fallimento.

Se il tempo è il miglior giudice, ed il metro di giudizio è lo stesso per ogni colore politico che occupa i banchi del governo – prescindendo quindi da ogni velleità fideistica dei più incalliti sostenitori grillini – ci si chiede se senza questa promessa elettorale il risultato dei M5S avrebbe registrato in Salento le medesime percentuali di preferenza.

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