Iran-Usa, scenari di guerra? L’escalation militare vista dall’Italia

-“Com’è il mondo là fuori?”
-“Sottosopra”
-“Allora non è cambiato molto”
È la citazione di un vecchio film, nemmeno troppo famoso a dir la verità, ma quanto mai attuale considerando le notizie di cronaca estera che continuano a giungere.
Passate le feste, messi da parte i buoni propositi, si torna a ragionare in maniera più spicciola, concreta, interessi alla mano.
Stati Uniti contro Iran, Iran contro Stati Uniti.
Non è altro che il vecchio retaggio della storica contrapposizione occidente contro oriente condita da casus belli sempre diversi, religione, cospirazioni, pozzi petroliferi e via discorrendo.
Per affrontare una disamina seria di politica estera occorrono competenze e conoscenze che solo gli studiosi specializzati di medio-oriente posseggono e che hanno il dovere di snocciolare sui mezzi di informazione. Dibattere di politica però non è qualcosa di elitario, lo stesso termine di derivazione greca deriva da polítēs vale a dire ‘cittadino’. Ogni buon cittadino deve potersi interessare della cosa pubblica e tutti possono esprimere la propria opinione, a patto che non ci senta detentori di una verità assoluta e di una superiorità morale che legittimi qualsiasi tipo di escalation.
L’Italia è il Paese che nel mondo, da solo, contiene oltre la metà del patrimonio artistico e culturale protetto, è un paese occidentale, è un paese fondatore dell’Unione Europea che rappresenta ad oggi il progetto che ha garantito il periodo di pace più longevo nel continente. Non può negarsi tuttavia di essere anche in difficoltà, il debito pubblico è alto e la disoccupazione non è da meno. Rimane in ogni caso pur sempre l’occidente benestante e la meta più ambita per chi fugge da povertà, guerre e carestie.
Memore di questi presupposti molti dei politicanti nazionali non hanno perso occasione nel rilasciare dichiarazioni per cui l’occidente deve essere compatto e respingere la “minaccia” araba. Come se un qualsiasi Stato vedendosi vittima di un raid militare, per ragioni più o meno legittime, potesse accettare di buon grado di piangere i propri morti.
La storica contrapposizione oriente-occidente non la scopriamo oggi e parrebbe generare fazioni già delineate, rimane tuttavia concreta la possibilità di dissociarsi e cercare una più intelligente mediazione.
Il diritto internazionale, per quanto gli esperti si spolmonino, rimane il diritto del più forte. Il diritto internazionale nasce e muore con la presenza o meno di un’altra grande ars, quella mediatoria.
Una politica estera forte, seria e che sia capace di dissociarsi dalle azioni degli attori in gioco – laddove se ne presenti la necessità – è quanto mai auspicabile. Un ruolo di mediatore sarebbe forse chieder troppo, ma se non potesse farlo l’Italia sarebbe il momento che l’Unione Europea da mera commistione di interessi economici si dimostri capace di far valere uno specifico peso politico sullo scacchiere internazionale.

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