Immigrazione, al di là dei dati

Sull’immigrazione Matteo Salvini ha fatto una gran campagna elettorale, fondando le sue tesi sui difficili processi di integrazione tra italiani e stranieri. E a giusta ragione, perché l’Italia rifiuta i processi di integrazione. L’integrazione tra il Nord e il Sud del nostro Paese è, dopo circa 170 anni, ancora un dato attuale e doloroso, e fino a quindici anni fa era oggetto di campagna elettorale da parte della Lega, con Bossi. Loro, quelli della Lega, sfruttano tali difficoltà italiane, senza guardarne, invece, i lati positivi, e ce ne sono tanti.

Ma d’altro canto, moltissimi sono ancora oggi i Settentrionali che disprezzano i Meridionali, nonostante vengano in vacanza al Sud e nonostante la loro grandezza industriale si debba alle braccia dei nostri concittadini. Ma è così, i Settentrionali sono così. Nonostante gli immigrati, oggi, rincalzino le file degli italiani nella grande industria settentrionale e tengano a bada le loro nonne e i loro nonni, loro che fanno? Li combattono, li osteggiano, come osteggiavano e osteggiano i Meridionali.

D’altro canto, il noto detto popolare ci dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Con l’Unità d’Italia, infatti, nacque il disprezzo per il meridione, che invece aveva fornito il danaro alla nascente Italia, dal momento che i Sabaudi erano indebitatissimi. In altre parole erano i pezzenti d’Europa. Una sorta di violenza, quella dei Settentrionali, che trova pochi aggettivi per esprimerne l’aggressività, peraltro non pubblicabili.

Dunque, gli immigrati in Italia sono circa sei milioni, ovvero il 10% della popolazione e più del 40% di provenienza dell’Est europeo, rumeni in testa. Quasi tutti concentrati nelle regioni settentrionali, ed in particolar modo in Lombardia, in Piemonte ed in Emilia Romagna, dove superano abbondantemente il 13% della popolazione locale. Quasi tutti impiegati in lavori che gli italiani non amano fare e per giunta disprezzati da Salvini, nel tipico stile piemontese dei primi anni dopo l’Unità d’Italia.

Certamente, nel nutrito gruppo degli immigrati, vi sono anche i clandestini, che pare siano intorno alle 700.000 unità. Ma da qui a farne il perno di una politica nazionale ne passa. Per di più, in Puglia il fenomeno pare che sia limitatissimo. Qui gli immigrati non rappresentano più del 3% della popolazione. Sono tutti al Nord a lavorare, visto che gli italiani in età da lavoro sarebbero drasticamente diminuiti se non fosse per il rinforzo degli immigrati.

Per indicare più specificatamente la nostra situazione, quella italiana, basti considerare che la popolazione tra 0 e 14 anni è appena del 13%, mentre quella superiore ai 65 anni è addirittura del 23%. L’Italia non si riproduce più, è sterile, e gli anziani oramai rappresentano una fetta della popolazione sempre più importante. A ribilanciare le sorti sono gli immigrati, sebbene, si sa, i processi di integrazione culturale ed etnico non siano semplicissimi e rapidissimi, come si voglia far credere. E’ il prezzo da pagare per scongiurare il peggio.

Di fatto, Salvini o no, l’Italia è una nazione pluriculturale e diversamente non potrebbe essere, se non con la controindicazione del calo dei consumi e dei redditi, associati ad un sistema previdenziale in default.

E’ quella dell’immigrazione un’arma a doppio taglio. In sostanza se vogliamo mantenere i redditi alti e un sistema pensionistico accettabile, e cioè se vogliamo conservare la nostra ricchezza il prezzo da pagare è la multiculturalità, la plurietnicità, perdendo così la nostra purezza originaria, intaccata solo dal confronto Nord-Sud.

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