Musica: cuore del sapere o sapere del cuore?

Accade che, cercando qualcosa, spesso ne spunta fuori un’altra che la memoria aveva rimosso. Tra alcune pagine culturali di un quotidiano che conservavo, ho trovato un articolo di Paolo Gallarati dal titolo: Musica, cuore del sapere su «La Stampa» del 30 maggio 1996. Il pezzo inizia con queste parole: «Sale dal Paese, sempre più vivo, il bisogno di educazione musicale». In sostanza Gallarati, pur evidenziando quanto i giovani che frequentavano la scuola di quegli anni, rispetto ai loro coetanei di 20 anni prima,  apprezzassero la musica classica grazie anche alla sola ora di Educazione Musicale nella Scuola Media, indicava tuttavia «l’assurdità di un’impostazione che esclude la storia della musica dal gruppo delle materie umanistiche; senza contare che, per la sua intima natura, la musica intrattiene sin dai tempi di Pitagora forti legami con discipline scientifiche come la fisica e la matematica». Il tema è molto affascinante perché affrontarlo potrebbe accorciare ancora di più lo iato tra musicus e strumentista o cantante («Musicorum et cantorum magna est distantia…» Guido monaco, Regulae Rhythmicae).

Appurato ciò, perché stupirsi se molti continuano ad identificare la musica solo con il genere instrumentalis, ignorando la musica humana e quella mundana? Per alcuni aspetti sembrano ritornare le stesse preoccupazioni di chi ha paura che i propri cittadini possano condividere la cultura alta, partecipare alla vita civile, politica e culturale con mezzi più appropriati. Si manifesta la stessa preoccupazione di determinate classi sociali nell’antica Grecia e anche oggi la politica non ricorda che nel Medioevo la musica faceva parte del Quadrivium e molti geni italici del passato come Leonardo, Leon Battista Alberti, ecc. erano anche musici o che intellettuali come Umberto Eco si dilettavano a suonare la musica classica o Iannis Xenakis è stato uno dei compositori più rappresentativi della seconda metà del Novecento anche per la sua attività di ingegnere e architetto. Come non condividere le parole di Einstein, il quale suonava il violino: «Tutte le religioni, l’arte e le scienze sono rami di uno stesso albero»?

Tornando ai licei italiani, il problema riguardava e riguarda ancora l’assenza dell’insegnamento della storia della musica nei programmi ministeriali e proprio nel periodo in cui scrive Gallarati se n’era parlato in un convegno a Bologna riprendendo il tema affrontato dalla commissione Brocca nel 1988.

Gallarati inoltre sostiene che si dovrebbe puntare sostanzialmente sull’educazione all’ascolto aggiungendo che «Non è affatto detto […] che per apprezzare la musica e coglierne il suo significato storico ed estetico, si debba conoscere il linguaggio». La riflessione evidenzia che «Seguire la musica nella varietà delle sue forme abitua il cervello di un giovane ad un formidabile esercizio della percezione e della memoria».

Dulcis in fundo egli affonda la lama nell’ancora attuale incapacità di lettura e comprensione dei molti temi di “storia culturale” «senza la considerazione delle corrispondenti esperienze musicali». Ha ragione quando egli afferma, per esempio, che «Le radici della modernità, in ogni capo dell’espressione, artistica, non sono comprensibili ignorando il fenomeno di Wagner e i suoi legami diretti con Schopenhauer e Nietzsche, indiretti con Freud e la psicoanalisi». Naturalmente gli esempi, da questo punto di vista, possono essere i più svariati ed individuabili in tutti i periodi storici.

Venendo ai nostri giorni purtroppo ancora molti giovani incontrano difficoltà ad inserirsi con consapevolezza soprattutto nel mondo della musica classica; tranne per chi frequenta i licei ad indirizzo musicale o sceglierà il Conservatorio o l’Università, si continua ancora ad escludere la storia della musica dalle discipline storiche.

A ciò poi si aggiunge che se da un lato qualcuno è convinto che il sapere è fondamentalmente una questione di erudizione e di cultura a molti, invece, sfugge che esiste anche il sapere del cuore che alberga in ognuno di noi e attende di realizzarsi vivendo pienamente l’esperienza diretta con la musica suonando e/o cantando nell’orchestra o nel coro del proprio liceo.

Se non siamo capaci di lasciare ai nostri giovani un mondo migliore, proviamo almeno ad aiutarli ad avvicinarsi al mondo della bellezza senza tempo proiettandoli alla sua eterna essenza.

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