I diversi per induzione

L’identità di un essere umano si definisce attraverso le sue relazioni sociali. Nell’esercizio di queste relazioni non tutti hanno le stesse opportunità e i più penalizzati da questo punto di vista sono i disabili.

In Italia esiste un sistema di supporto che ne facilita l’inclusione fin dall’età scolare. In alcuni casi questo sistema è pienamente proficuo ai fini di una reale inclusione sociale ma in altri è oggettivamente inappropriato. L’inclusione di un disabile si realizza in funzione delle sue “diverse” abilità, che però a volte sono talmente esigue da non permettere alcun tipo di relazione sociale paritaria.

Accanto ai disabili, “diversi per antonomasia”, esiste una serie di “diversi per induzione”. I genitori dei ragazzi diversi per esempio sono a loro volta emarginati (più è grave la disabilità dei figli, più è accentuata la loro emarginazione); spesso l’incapacità degli altri genitori di porsi nei loro confronti in maniera empatica ma senza commiserazione li esclude automaticamente dalle ormai immancabili chat (poco male!) e dalle conversazioni occasionali sull’attività sportiva dei figli, sui loro esiti scolastici o sui progetti per il loro futuro. Molto spesso questi padri e madri diversi lamentano una solitudine che va ben oltre la difficile gestione della quotidianità e che è una delle principali cause della loro misantropia apparentemente fisiologica.

Tuttavia l’induzione non finisce qui e coinvolge anche i docenti di sostegno, in particolare nella scuola secondaria, dove la didattica è incentrata sugli approfondimenti curriculari specifici. Nella scuola, il docente di sostegno diventa, secondo le diverse situazioni, un semplice accompagnatore sostituibile da chiunque o un esperto sprecato. Questi professionisti, dopo essersi laureati, abilitati all’insegnamento di una materia specifica e perfezionati attraverso corsi molto selettivi nella didattica speciale, si ritrovano troppe volte (non sempre, per fortuna!) a fronteggiare situazioni che nulla hanno a che fare con la loro formazione. Un docente di sostegno deve riqualificarsi ogni anno a seconda che abbia di fronte un ragazzo con disabilità sensoriali, psichiche, neurologiche o fisiche e, ogni volta, deve sperare di poter mettere in pratica le metodologie acquisite nel tempo, dando valore alla propria attività quotidiana. A volte, di fronte a ragazzi oppositivi, violenti, con disturbi comportamentali o psichiatrici, è costretto a spogliarsi del ruolo di docente, per vestire quello di “genitore surrogato”, laddove le competenze professionali sono integralmente sostituite dalle abilità affettive.

Così, con buona pace della normativa scolastica che lo definisce insegnante di sostegno alla classe, finisce con il detenere un rapporto esclusivo con l’alunno disabile e con l’essere considerato un collaboratore esterno al consiglio di classe dagli studenti e dagli stessi colleghi.

Fortunatamente l’identità professionale è solo una delle identità assunte da un essere umano e spesso proprio le relazioni fra diversi sono le più gratificanti e quelle che più di tutte concorrono a definire una piena identità sociale.

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