Figli del Salento – La statua di Fanfulla. Chi era costui?

“Sono Tito da Lodi detto Fanfulla.
Un mago di queste contrade Antonio Bortone mi trasformò in bronzo.
Lecce ospitale mi volle qui ma qui è dovunque.
Dio e Italia nel cuore.
Affiliamo la spada contro ogni prepotenza contro ogni viltà
MCMXXI”

Tra edicole, viuzze, cortili e chiese, a Lecce si cela la statua di Fanfulla che solitaria abita piazzetta Raimondo Orsini ed osserva i leccesi che davanti a lei sostano per narrarne la leggenda.

Vi è poi chi, interpretando estrosamente la targa commemorativa sul basamento con le parole del docente e politico calimerese Brizio De Sanctis, narra che Antonio Bortone, lo scultore ruffanese che foggiò la statua di Fanfulla, fosse realmente un mago ed avesse incarcerato nel bronzo l’anima del condottiero.

La figura di Tito da Lodi, in realtà è avvolta nella nebbia della leggenda, le notizie più attendibili sulla sua identità giungono da Napoli, dove i documenti rinvenuti presso le Cedole della Tesoreria, riportano come nome di battesimo Giovanni Bartolomeo Fanfulla.

Anche il luogo di nascita è incerto, ma secondo le versioni più attendibili sarebbe nato a Basiasco (in provincia di Lodi) il 1 settembre 1477, mentre il luogo e l’anno della sua morte si perdono nel marasma di date e luoghi: Marciano nel 1554, Lombardia, Pavia o forse Terracina, il 24 febbraio1525.

Fatta eccezione per la partecipazione alla Disfida di Barletta, che il 13 febbraio 1503 vide tredici guerrieri italiani confrontarsi con altrettanti francesi per il possesso del Regno di Napoli, le sue vicissitudini bibliografiche sono approssimative.

Fu soldato di ventura, cavaliere e capitano di bandiera tra il 1499 ed il 1525. Combatté per Firenze, per la Spagna e per il Sacro Romano Impero avendo come avversari Pisa e la Francia.

Il Fanfulla del Bortone, non è il prestante guerriero che ci si aspetterebbe di ammirare, ma un uomo ormai avanti con gli anni, abbigliato con un saio domenicano in segno di penitenza. Degli antichi fasti del Fanfulla resta solo uno spadino, che affila con maestrìa.

Dopo la morte del Bortone, la statua venne dimenticata in una casa deposito. Dopo vari anni un amico dello scultore, il professor Brizio De Sanctis, preside dell’Istituto Tecnico Commerciale di Lecce, la ritrovò e fece trasportare il calco della statua a Lecce per poi farla fondere, consegnando alla nostra città, quest’opera meravigliosa eseguita da un insigne leccese.

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