Concerto in memoriam di Michele Manzotti

Sabato 1° aprile, presso il Teatro della Pergola, si è tenuto un concerto che ha visto protagonisti il contralto Sara Mingardo con un Ensemble cameristico dall’ organico variabile nel corso del programma: Grazia Raimondi e Federico Parravicini (violini), Silvio Di Rocco (viola), Luigi Piovano (violoncello) e Olaf John Laneri (pianoforte).

L’evento era dedicato alla memoria di Michele Manzotti, una “persona perbene”, come ha sottolineato prima del concerto Andrea Lucchesini, direttore artistico degli Amici della Musica della cui istituzione fiorentina Manzotti, giornalista de «La Nazione», collaboratore (redigeva i programmi di sala) e amico.

Al Concerto, presenti la moglie Laura, alcuni colleghi del principale quotidiano fiorentino, c’era anche poi il giornalista Stefano Fabbri, amico e collega di Michele che ha condiviso con lui l’impegno del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, ricordandolo con stima e affetto durante l’Assemblea annuale dell’ODG della Toscana del 31 marzo scorso.

A parte il de mortuis nihil nisi bonum Manzotti amava e coltivava ogni genere musicale; era una persona garbata, buona, generosa, molto disponibile ma anche dotato di ironia.

Attingendo ai miei ricordi, quando una volta incontrò Nicola Arigliano per un’intervista, si rese così disponibile da andare a Magliano Sabina, residenza del “re dello swing”, per riportagli la sua elegante giacca che aveva dimenticato a Firenze, trattenendosi ancora a parlare affettuosamente senza risparmiare battute attingendo al sano sarcasmo toscano.

Ritornando al Concerto, bello e interessante, si era compreso che l’evento assumeva tutte le caratteristiche dell’ad perpetuam rei memoriam ove ‘ricordo’ si è unito a ‘memoria’, con un programma ad hoc per il compianto Manzotti.

I Due Gesänge iniziali per contralto, viola e pianoforte, op. 91 di Brahms, hanno rivelato di essere composizioni colme di sentimenti toccanti (vista anche la bellezza dei testi di Rückert e Geibel). In una lettura commossa, gli interpreti (in primis la voce di Sara Mingardo ma anche una viola dalla toccante espressività, concepita in un rapporto egualitario – a tratti autentico ‘canto a due voci’-, sostenuti  da una  scrittura essenziale del pianoforte) sono riusciti a traghettare il pubblico in uno stato d’animo di dolce mestizia (Gestillte Sensucht) facendo percepire quella luce dorata della sera e successivamente la tenerezza, tipica della ninna-nanna (Geistliches Wiegenlied) che si rivolgeva agli angeli. Brahms, uno dei compositori preferiti da Manzotti, rientrava nella sua visione di ‘educata relazione con gli altri’, riscontrabile anche nella disciplina del contrappunto: «Arte di creare delle figurazioni di note che possano accompagnarsi da sé» (Schönberg), traducibile come creazione di relazioni umane significative e che Michele aveva appreso da Riccardo Luciani, altro personaggio del mondo musicale fiorentino ricordato dagli Amici della Musica.

Nel prosieguo del programma, i musicisti, intenti a svelare il ricco patrimonio dell’interiorità mahleriana, eseguivano la singolare partitura del Quartetto giovanile per pianoforte e archi (Quartettsatz in la minore) restituendo altresì la grande tradizione della forma sonata e una certa ‘eredità’ ascrivibile ad una sicura scrittura pianistica (già a partire da Beethoven) oltre al lirismo brahmsiano che a breve risulterà autentico trampolino per i lavori successivi di Mahler.

Con un’interpretazione colma di pathos, in particolare dei primi tre Rückert-Lieder (tratti da un corpus di Cinque Lieder), sembrava alternarsi un gioco di luci e ombre. In particolare in Ich bin der Welt abhanden gekommen (Sono ormai perduto al mondo) si poteva percepire il doloroso ed intimistico tramonto della vita e ‘trasfigurazione’ proiettata verso un’altra dimensione.

Il Concerto si è concluso con il ritorno a Brahms (Quartetto per pianoforte n. 3 in do minore, op. 60), un mini cosmo di idee musicali ma anche di grande impegno per il ben strutturato ensemble cameristico.

Dopo l’impenetrabile introduzione degli archi il pianoforte presentava l’atteso e appassionato primo tema in cui, all’interno della varietà della scrittura, si potevano ascoltare limpide imitazioni tra archi e pianoforte ma anche la bella espressività della viola (presentata nella ripresa del secondo tema all’interno della sezione dello Sviluppo). Lo Scherzo ricordava un nostalgico e sereno ritorno ai primi lavori pianistici; l’Andante (Lied tripartito), nella bella espressività del violoncellista che insieme al lirismo più umano della Raimondi e dai diversi interventi, nel piano e con ‘dolcezza’, del pianista, a tratti, costituiva un autentico ‘quadretto da un intenso afflato sonoro.

Il Finale, pur nella varietà della scrittura musicale, sembrava esprimere una reductio ad unum  ove, pur ritrovando situazioni già individuate nei vari movimenti, il tutto si predisponeva alla risoluzione (dal tranquillo) a partire dal lungo pedale di tonica del violoncello sul quale, dopo l’ennesimo digradante cromatismo del pianoforte, finalmente si poteva percepire, grazie alla risoluzione (a due battute dalla fine), gli ultimissimi ed energici accordi non più in do minore ma maggiori, autentica ‘resurrezione’ che nell’architettura del concerto sembrava alludere ad una certa correspondance con il titolo Auferstehung (Resurrezione) della Sinfonia n. 2 in do minore di Mahler nelle parole (ultimo movimento: Aufersteh’n intonato dal coro e dal soprano): Aufersteh’n, ja aufersteh’n wirst du, mein Staub,/nach kurzer Ruh! (Risorgerai, sì risorgerai, mia polvere, dopo un breve riposo!).

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