Beethoven Complete Cello Sonatas & Variations: un microcosmo da percepire

Jean Louis Duport
Ludwig van Beethoven

Nel 2020, com’ è noto, ricorre il 250 anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven (Bonn, 16 dicembre 1770) e, nonostante la pandemia, si è doverosamente pensato di celebrarlo.
Nel nostro Paese, accanto agli eventi promossi da Fondazioni, teatri e altre istituzioni, va ricordato anche l’ambito interpretativo con registrazioni.
È appena uscito un doppio CD, pubblicato dalla celebre etichetta olandese Brilliant Classics, che vede protagonisti Marco Testori al cello e Costantino Mastroprimiano al fortepiano, all’interno di un percorso cameristico costellato da dialettica e varietas che attraversa l’intero arco creativo del musicista tedesco.

Alle cinque sonate: due dall’op. 5 (la n. 1 in Fa maggiore e la n. 2 in Sol minore), incastonando quella in La maggiore op. 69,  e due dell’op. 102 (la n. 1 in Do maggiore e la n. 2 in Re maggiore) seguono:  Variations on “See the conque’ ring hero comes” dall’oratorio Judas Maccabaeus Wo 045 di Haendel; Variations on “Bei Männern, welche Liebe fühlen” e Variations on “Ein Mädchen oder Weibchen”, entrambe da Die Zauberflöte di Mozart.

Con le due Sonate dell’op. 5 (Vienna, Artaria 1797) ha inizio un nuovo modo di concepire ed utilizzare lo strumento ad arco mentre le indicazioni, apposte nelle pubblicazioni dell’intero corpus delle Sonate, esplicitano le intenzioni programmatiche dell’Autore. Per la prima opera la destinazione è «pour le Clavicin ou Piano=Forte avec un Violoncelle obbligé»; nelle successive è specificato «pour le Pianoforte et Violoncell». In sostanza si passa da una funzione in cui lo strumento ad arco partecipa in modo concertante ad un’altra che, in virtù della presenza della congiunzione “et”, rimanda all’unione profonda dei due strumenti proiettati in un unico intento.

Il lungimirante progetto beethoveniano vede la sua realizzazione grazie anche alle innovazioni apportate al violoncello dal virtuoso Jean-Louis Duport (maestro di Federico Guglielmo II, re di Prussia, e dedicatario dell’op. 5, a sua volta ‘dilettante’). Infatti, andando oltre il raddoppio della linea grave del basso continuo della copiosa letteratura barocca e del suo successivo utilizzo pur virtuosistico ed espressivo del «compositore e virtuoso da camera» Luigi Boccherini, Beethoven affida al violoncello un ruolo paritetico.

Siamo di fronte ai primi esempi di sonate per violoncello e pianoforte e questa “primogenitura” si palesa attraverso ardite sperimentazioni riscontrabili nelle maggiori dilatazioni e nel numero dei movimenti, ma anche nella forma, nel linguaggio armonico e nei diversi dettagli e varietà della scrittura.

Una nota curiosa riguarda le due battute iniziali del primo tema dell’Allegro della Sonata op. 5 n. 1 che diventa, come citazione, un melos cantabile ed espressivo nel primo movimento (Allegro ma non troppo) del Concerto in fa maggiore per fagotto e orchestra (1811) di Carl Maria von Weber, quasi a ricordare una certa correspondence o un omaggio al compositore di Bonn.

Con l’op. 69 (Lipsia, Breitkopf & Härtel 1809) ci troviamo nel periodo di transizione del percorso compositivo di Beethoven che ha scritto da poco la Quinta (op. 67) e la Sesta sinfonia (op. 68). I risultati di questo lavoro sono ancor più evidenti nell’equilibrio e nell’espressività di entrambi gli strumenti.

Le ultime due sonate dell’op. 102 (Bonn, Simrock 1817) sono concepite in un periodo molto critico della sordità del musicista. Egli, oltre a portare avanti lo sviluppo tematico, apre maggiormente alla polifonia tout court e non è un caso se l’ultimo movimento della seconda Sonata in Re maggiore concluda con un Allegro fugato.

Nella produzione cameristica beethoveniana i tre gruppi di variazioni mettono in evidenza una raffinata scrittura dialogica tra i due strumenti, trasmettendo altresì l’importanza del misurarsi con la musica del passato e della tradizione affinché continuare a sentirsi «nani sulle spalle di giganti».

Di seguito alcuni aspetti peculiari che emergono da questa registrazione:

  1. il colore: insieme allo strumento ad arco (Panormo Family,1820) si ascoltano ben tre fortepiani (fusione di caratteristiche acustiche e meccaniche tra clavicembalo e clavicordo): Anton Walter 1792 (Paul McNulty); Louis Dulcken 1815 (Mathias Kramer) op.69; Conrad Graf 1819 (Paul Mc Nulty) op. 102.

Il risultato, oltre che evidenziare interessanti soluzioni filologiche, riporta a sonorità storiche dei tempi dell’Autore, quasi una sorta di ‘immortalità all’indietro’ (Umberto Eco), facendo percepire quel suono tanto amato in particolare dai compositori della prima scuola di Vienna ma anche da Schubert e altri del primo Ottocento;

  1. l’interpretazione è sempre attenta ad una linea di pensiero precisa e vivacemente critica;
  2. il doppio CD è una sorta di Gradus ad Parnassum ovvero una salita al Parnaso, poiché, oltre a cercare una forma dialogica, grazie alle note redatte da Mastroprimiano, accompagna l’ascoltatore nel microcosmo di questa produzione beethoveniana.

Augurando a questa registrazione la giusta considerazione ed una diffusione non soltanto tra gli addetti ai lavori ma fra tutti coloro che vogliono scoprire un universo non solo fatto di suoni e di grande umanità, si ribadisce la grande statura di Beethoven anche in questi lavori cameristici.

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