UN MARE DI MIGRANTI. L’indifferenza che (ci) uccide

MigrantiChe cosa avete fatto ieri sera?
Eravamo il solito esercito vivo e pimpante del sabato, alla ricerca di una tranquillità qualunque. Una pizza con gli amici, un ballo in discoteca, un film al cinema, una notte d’amore. Le nostre usuali, confortanti certezze da italiani. Bella serata, film interessante, siamo tornati a casa, abbiamo chiuso la porta a chiave, abbiamo dato un bacio ai bambini accoccolati nei loro lettini caldi, abbiamo mandato un ultimo messaggio. 
Ciao amore, ci sentiamo domani. Ti amo. Anch’io.

Su sponde geograficamente vicine, centinaia di persone vivevano ben altre situazioni. Avevano riposto ordinatamente in cenci rabberciati le proprie povere cose, qualcuno aveva abbracciato una madre, un padre, un figlio, qualcuno aveva ammirato per l’ultima volta un tramonto noto, seduto su una spiaggia che forse non avrebbe rivisto mai più. Aveva sperato in un vento favorevole, aveva sorseggiato l’aria di una patria matrigna, aveva ricordato i fuochi delle notti d’estate accesi attorno agli alberi, una storia che sembrava così lontana. Chissà quali altri pensieri avranno accompagnato quella vigilia di partenza. Chissà quali paure.

ProfugaL’Africa è terra di dolore struggente, di colori forti, di ricchezza rubata, di guerre, di indifferenza, di fame, di morte. Ma gli africani sono esseri umani come noi, come tutti. Da millenni i flussi migratori hanno connotato l’evoluzione umana. Ignorare questo dato è da idioti. Da millenni l’uomo ricerca una condizione di vita un tempo ideale, ora solo appena migliore, di quella di partenza. Dov’è lo stupore? Perché abbiamo storicamente accettato non solo le migrazioni, ma anche gli indicibili abusi, solo degli occidentali? Perché crediamo che gli africani non debbano avere il diritto di ricercare la felicità? In quale momento ci siamo trasformati in mostri?

Perché mostro è chi alla notizia della morte di 700 persone esulta dicendo: 700 in meno. Mostro è chi soffre di quel razzismo che nasce dal pregiudizio. Mostro sta diventando colui che crede che l’immigrato sia il suo nemico, colui che si lascia imbrigliare dalla propaganda di certi personaggi sedicenti politici che di politico non hanno nulla. Mostruosa è l’Europa che ha lasciato l’Italia da sola a fronteggiare l’emergenza umanitaria più grave degli ultimi decenni. L’Italia, uno stato che sembra contare in Europa quanto il due di briscola in una partita impari e vergognosa. Mostruosi sono gli indifferenti.

Era notte fonda quando c’è stata una richiesta d’aiuto che veniva da un barcone stracarico di persone nei pressi delle coste libiche. Sempre la stessa solfa. Era l’alba quando un mercantile portoghese è arrivato ad offrirlo. Il terrore di 700 anime alla deriva si è trasformato in speranza sublime e primaria di potercela fare, di poter avere ancora giorni da vivere, e al resto si sarebbe pensato dopo. Ma pare che quella forza, la forza della vita, si sia trasformata in morte in pochi secondi. Il barcone già stracarico, sotto il peso di uomini donne e bambini che ormai avevano perso identità ed erano diventati una massa informe di lacrime e sudore, si è rovesciato. Ci saranno state urla disperate, la mano della mamma avrà stretto con forza quella del suo bambino, prima che l’acqua facesse allentare quella presa; il papà si sarà odiato per non essere riuscito a dargli di più, di meglio; avrà cercato un ultimo contatto col suo dio, gli avrà offerto un baratto. Dio, ti prego, prendi me, fa che diventi cibo per i pesci di questo mare così bello e azzurro, ma salva il mio bambino. E in un attimo tutta una vita fatta di stenti, guerra, privazioni e paura sarà passata negli occhi di quell’uomo e di altre SETTECENTO PERSONE.

Non è più possibile che tante file ordinate di bare senza nome passino dai nostri occhi ai nostri cuori senza lasciare traccia. Non è più possibile accettare politiche di guerra e non di pace. Non è più possibile vivere in un sistema globalizzato senza accoglierne tutte le sfaccettature. Non è possibile restare indifferenti mentre ci facciamo togliere tutto. La storia, l’intelligenza, le risorse economiche, il presente, l’avvenire e il senso di umanità. Abbiamo delegato, come si fa in un sistema democratico. Abbiamo preso nota delle tragedie, di tutti i tipi. Ma se questi sono i risultati, forse è tempo di trovare soluzioni diverse. Indignarsi non basta più. Non basta più scrivere un post su facebook, e concluderlo con 700 R.i.p. Quella gente non doveva riposare in pace. Quelle persone avevano il diritto di VIVERE in pace.

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