Carabiniere morto durante un servizio antidroga, domani la parola ai testimoni

Sergio Ragno

«Non porto rancore a nessuno, ma voglio che si sveli la verità». È la richiesta, questa, che alla giustizia italiana rivolge ancora Vittoria Olimpio, colei che ancora battaglia affinché si metta nero su bianco che quel pomeriggio del 17 luglio 2014 suo figlio, il carabiniere scelto Sergio Ragno, morì a causa di un incidente stradale, a Firenze, mentre era in servizio. Qualcosa è stato già verbalizzato in consonanza a questa ricostruzione dell’accadimento. A luglio infatti un collega di Ragno, in una udienza testimoniale, ha riferito che il carabiniere poi morto e cinque colleghi fossero stati mobilitati dal caposquadra per un’operazione antidroga. Nel parco delle “Cascine”, nel pomeriggio, avrebbero dovuto arrestare uno spacciatore di sostanze stupefacenti. L’operazione però fu rinviata alla sera. Tornando in caserma accadde l’incidente che fu fatale per il carabiniere brindisino. Ma secondo alcuni esponenti dell’Arma il militare brindisino sarebbe morto durante il tempo libero. Quel che non quadra si proverà a chiarirlo domani durante l’udienza, al tribunale di Lecce, in cui saranno ascoltati il caposquadra di Ragno e l’ufficiale del Nucleo operativo e radiomobile che comandò l’operazione antidroga poi rinviata alla sera.

Vittoria Olimpio ribadisce di non condurre una guerra contro l’Arma, bensì di voler fare emergere la verità. «Ammettere di aver sbagliato è un gesto onorevole» fa notare la donna, riferendosi evidentemente a chi avrebbe deformato la dinamica della morte di Sergio. Lei è conciliante, ma non arretra. «Il giorno dopo l’udienza del processo per la morte di mio figlio, l’11 luglio – racconta -, sono partita per Roma, dove ho incontrato altri giornalisti interessati a capire perché si sia affermato che questa morte non sia avvenuta durante lo svolgimento di un’operazione di pubblica sicurezza. Lì mi sono sottoposta ad alcune visite mediche, a causa di problemi che ritengo siano correlati alla sofferenza che da quattordici anni mi porto. Il mio pensiero corre sempre là, sono logorata dalla sofferenza». Dolore per la morte del figlio e per quella verità che sarebbe stata taciuta. Motivo per cui Sergio Ragno non è stato riconosciuto vittima del dovere. «L’Arma dei carabinieri sarà sempre nel mio cuore, anche se qualcuno non l’ha onorata – sottolinea Vittoria Olimpio -. Sbagliare è umano, si sono commessi degli errori nel dichiarare quel che non era vero, ma non si può perseverare nel raccontare falsità».

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