Sergej Krylov e Michail Lifits: un duo d’eccezione

In un mondo in cui si fa fatica trovare armonia e concordia è sempre piacevole lasciarsi inondare da vibrazioni sonore che accarezzano l’animo. È accaduto lo scorso sabato 18 febbraio, al Teatro della Pergola di Firenze, durante un concerto del ricco cartellone della Stagione 2022-2023 degli Amici della Musica di Firenze. Protagonisti della correspondance artistica il violinista Sergej Krylov e il pianista Michail Lifits in un programma di musiche tra gli inizi dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento: un autentico trittico sonoro con Brahms (Sonata n. 1 in sol maggiore op. 78), Ravel (Sonata n. 2 in sol maggiore) e Beethoven (Sonata n. 9 in la maggiore op. 47 “A Kreutzer”).

Il numero tre, com’è noto, (già dalla Scuola pitagorica, ecc.) è considerato “perfetto” e chissà se la scelta di composizioni con solo tre movimenti e il riferirsi alla struttura sonatistica «forma suprema [forma sonata] della musica strumentale dell’Ottocento e del Novecento, dal momento che questa supremazia veniva garantita da Beethoven» (Ch. Rosen) con la successione Esposizione-Sviluppo-Ripresa non rientri nella stessa idea tripartita?  Una cosa è certa: i due interpreti lasciavano ben intendere la sintonia atta al raggiungimento di quella natura poetica, quasi ricerca autentica della physis scaturita dai diversi temperamenti.

La sonata brahmsiana evidenziava una bella espressività necessaria per appropriarsi della cantabilità tipica del lied a cui fa riferimento nell’op. 59 del Regenlied e Nachklang. Mentre Krylov era intento a “cantare” con il suo violino, offrendo nitidezza sonora unita ad una bella espressività, il pianoforte di Lifits era concentrato ad intessere l’intelaiatura contrappuntistica dello spartito.

Nel brano di Ravel (perno del programma), in cui il compositore cercò «L’indépendance des parties» e nello scrivere per «instruments essentiellement incompatibles», gli interpreti erano consapevoli dell’arduo compito tanto che sono bastate le prime 6 battute, con il melos del pianoforte nel modo lidio, ad annunciare che si trattava di tutt’altra musica come poi palesemente dichiarato nel II movimento (Blues. Moderato). Nell’ultimo movimento (Perpetuum mobile. Allegro) il virtuosismo violinistico segnava l’itinerario mentre il pianoforte faceva riemergere reiterati incipit. Il duo, ognuno con il suo da fare ‘inquieto’ nonostante l’energia ininterrotta del violino, riusciva a risolvere complicati innesti fino a restituire l’intelligenza di uno spartito di non semplice ascolto.

Chiudeva il programma l’op. 47 di Beethoven con un’architettura che, dalle parole del compositore, fu definita «Sonata per il pianoforte ed un violino obbligato, scritta in uno stilo molto concertante, quasi come d’un Concerto». Soprattutto nel I movimento, l’idea più concertante dei due strumenti era molto chiara, non essendoci un primus ma solo pares. Se con l’Adagio sostenuto si ritornava al ‘canto’ espressivo alla pari, nel Presto successivo i due strumenti evidenziavano la tipica dialettica della forma sonata anche attraverso il loro virtuosismo. Espressione e sentimento sono le parole riportate da Tolstoj (pubblicando nel 1889 il romanzo La sonata a Kreutzer) nel ricordare l’esecuzione, da parte del figlio, della Kreutzer (dal violinista francese Rodolphe Kreutzer, dedicatario della prima edizione del 1805). L’ Andante con variazioni, nella nitidezza dell’esecuzione da parte del violino sembrava un antico ricamo che si esprime a volte nel serrato dialogo in imitazione tra i due strumenti che negli ‘unisoni’, quasi perfette ‘fusioni’ di colore ma anche effusioni capaci di generare nuovi colori. Nel Finale. Presto, dal ruolo preciso e scambievole tra il tematismo e il contrappunto, era evidenziato un raffinato virtuosismo tra i due strumenti.

Se nella parte iniziale del concerto i due musicisti esprimevano una certa compostezza, man mano che si procedeva, si notava un’intensificazione di sguardi e di respiri; non di rado il violinista si avvicinava anche fisicamente al pianoforte perché per interpretare i capolavori della musica da camera occorre anche saper ascoltare l’armonia dell’anima che si conquista con la complicità e la vicinanza.

Il concerto ha regalato al pubblico numeroso, attento e soddisfatto, due fuori programma con la grande cantabilità di Kreisler ove ancora una volta si poteva apprezzare il ‘canto’, a volte onirico, del violino di Krylov che sembrava riflettersi in quel messaggio d’amore (Liebesbotschaft) schubertiano, autentico specchio d’acqua colmo di gorgoglianti emozioni.

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