Unicità ed eccezionalità in un mondo alla deriva

Michelangelo Buonarroti, Il sogno della vita umana, post 1533

Tra le tante differenze, biologia a parte, che ci rendono unici come genere umano, sembrano emergere in particolare quelle morali. Se poi si presentano elementi significativi tali, per dirla con Leopardi, da essere ritenuti «Uomini originali men rari che non si crede», allora possiamo parlare di persone eccezionali e/o di persone moralmente belle. Ma l’eccezionalità non può ignorare il contesto poiché più l’eccezionalità è elevata, più si allontana e/o assume connotati che si orientano verso la normalità. Ciò può aiutare a comprendere, per esempio, perché alcuni ruoli e in certi luoghi di responsabilità, trovando scarsa professionalità, viene naturale pensare che anche la mediocrità possa essere considerata soddisfacente. Diversamente quando troviamo situazioni gestite da professionisti competenti, che fanno seriamente il loro dovere, ciò è considerato eccezionale. Accade tutte le volte che un individuo si esprime con determinate caratteristiche intellettuali, morali e deontologiche e, probabilmente, ‘fuori dalla norma’, manifestando curiosità e non disinteresse, non arroganza e nemmeno maleducazione; non è condizionato dal potere; è preparato e sa risolvere i problemi partendo dall’ascolto; è imparziale e non forte con i deboli e debole con i forti; possiede degli obiettivi per il bene della collettività; è onesto con se stesso e con gli altri, ecc.

Non tutti però, soprattutto per sensibilità e acume intellettuale, sono in grado di cogliere l’eccezionalità perché: «Le belle persone si distinguono, non si mettono in mostra. Semplicemente, si vestono ed escono. Chi può, le riconosce» (Pavese). A chi è convinto che tali individui non esistano, perlomeno non in questo tipo di società, possiamo rispondere che sovente chi appartiene a questo ‘raro genere umano’ non frequenta situazioni torbide. Pertanto la scelta di rimanere uomo libero, fuori dalla logica della spartizione, da un lato garantisce la purezza dell’individuo, dall’altro può portare inevitabilmente all’esclusione.

E intanto, come afferma Kant, continuiamo a convivere con quel «legno storto dell’umanità», radice del male che alberga dentro di noi e, pur avendo l’impressione di non portare nulla di nuovo anche attraverso la ‘denuncia’ pacifica della cultura e della giustizia, continuiamo a sopportare le tante sopraffazioni sperando e aspettando tempi migliori. Nel frattempo possiamo insegnare ai giovani che la vita è un’arte dalla quale non si può escludere l’etica, l’onestà, il rispetto della libertà e degli ultimi. Soprattutto nel nostro Paese, in particolare per chi si trova in una situazione/fascia sociale penalizzata, c’è tanto bisogno di offrire a tutti i cittadini la possibilità di poter aspirare ad un livello superiore (ascensore sociale), permettendo a tutti di migliorare il proprio status, imprescindibile per lo sviluppo di una società giusta, democratica e meritocratica, evitando il fenomeno della fuga dei cervelli.

Concludo ritornando ancora a Kant (Critica della ragion pratica) e rivolgendomi a tutti, affinché «il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me» siano sempre possibili a condizione di avere il coraggio di volgere lo sguardo al cielo.

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