Le radici di Riccardo Muti

Molte persone conoscono Riccardo Muti per la sua significativa e lunga attività di direttore d’orchestra in tutto il mondo già a partire dal 1967 quando, a soli 26 anni, vince il prestigioso Concorso «Cantelli».

Tra le orchestre con cui collabora ricordiamo i Berliner Philharmoniker, la Bayerischen Rundfunk, la New York Philharmonic, l’Orchestre National de France, la London Philharmonic Orchestra, la Chicago Symphony Orchestra e molte altre anche in Italia, ricoprendo, tra l’altro, incarichi come direttore dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino (1968-1980) e direttore musicale del Teatro alla Scala (1986-2005).

Per i più Muti è inoltre direttore dei Concerti di Capodanno trasmessi in mondovisione da Vienna alla testa dei Wiener Philharmoniker (ben sei edizioni dal 1993). Nell’ immaginario collettivo rappresenta una vera star tanto che chi ha la possibilità di incontrarlo de visu desidera un autografo e/o farsi immortalare insieme con un selfie. La sua popolarità è cresciuta a livello esponenziale in quanto, tra un concerto e l’altro, scrive libri, tiene conferenze, lezioni-concerto, concede interviste (famosa quella con Raffaella Carrà su Rai 3 nel 2019), apre le porte dei teatri per far assistere il pubblico alle prove con l’orchestra, ecc.

Un altro aspetto che lo caratterizza è il coraggio di esternare reprimende e, soprattutto, intraprendere ‘battaglie’ in difesa della musica e della cultura italiana. Il suo modo di comunicare, spesso colloquiale e pronto ad essere modulabile in base alle persone che ha di fronte, avvicina giovani e adulti, persone semplici ed intellettuali; non ama schierarsi politicamente, preferendo rimanere un uomo libero, fortemente legato ai grandi valori della tradizione del nostro Paese.

Mi sovviene la sua dedizione a Verdi ricordando la famosa frase: «Torniamo all’antico, sarà un progresso» ove lo stesso compositore chiarisce che si tratta di «base, fondamento e solidità». Trovo significativa un’affermazione di Muti, accennando al suo scandagliare le partiture verdiane, ove, parafrasando, recupera una certa ‘tradizione’ dei maestri di un tempo sull’insegnamento della fuga: «la fuga è come il maiale, non si butta nulla» che, nelle sue parole, diventa: «Verdi è come il maiale, non si deve buttare via una sola nota». In sostanza emergono le norme presenti nella dottrina musicale come, per esempio, nei Precetti musicali per la casa e la vita di Robert Schumann ove non è casuale se tra i consigli si suggerisce «Pratica in maniera laboriosa le fughe dei buoni maestri».

I principi della composizione della fuga, per estensione, possono essere le norme dei comportamenti che determinano la scelta dei valori che costituiscono le nostre radici culturali e che in Muti trovano compiutezza anche nel progetto «Le vie dell’Amicizia», un autentico itinerario (da Sarajevo nel 1997 ai Santuari mariani di Lourdes e Loreto nel 2022), ed emblema di storia e di valori universali tra cui la pace.

Muti ha avuto l’intuizione di investire nei giovani, decidendo di ‘restituire’ loro ciò che egli ha appreso dai suoi maestri, passando così il testimone ai futuri musicisti. Nel 2004 fonda l’Orchestra Giovanile «Luigi Cherubini» e nel 2015 la Riccardo Muti Italian Opera Academy nella meravigliosa città di Ravenna ove si possono ammirare mosaici tra i più belli al mondo; qui inoltre vive la famiglia Muti e ha sede il Ravenna Festival.

Ritornando alle ‘radici’ del direttore, le città di Napoli e Molfetta si contendono i suoi natali tanto che, citando Socrate, egli potrebbe affermare: «Io non sono ateniese e nemmeno greco, io sono cittadino del mondo». In realtà egli dichiara: «Sono nato a Napoli, nonostante mio padre Domenico fosse medico in Puglia, perché mia madre (che si chiamava Gilda Peli Sellitto) andava assai orgogliosa della sua città e decise, tutte le volte che noi cinque fratelli stavamo per nascere, di prendere il treno, andar lì, partorire e solo quando avevamo qualche giorno riportarci a Molfetta». Negli anni in cui vive nella cittadina pugliese (fino a 16 anni) rimane colpito dai suoni delle bande, inizia lo studio della musica e frequenta i primi anni del Liceo Classico «Leonardo da Vinci». I risultati arrivano presto con il conseguimento della maturità classica al «Vittorio Emanuele II» di Napoli e nella città partenopea anche il diploma in pianoforte sotto la guida di Vincenzo Vitale; conclude il suo percorso formativo conseguendo i diplomi in Composizione e Direzione d’orchestra al «Verdi» di Milano con Bruno Bettinelli e Antonino Votto, quest’ultimo ‘erede’ di Toscanini.

Il legame con il Sud, pur nel ‘vagabondare’ artistico a livello mondiale (Wanderer), ricoprendo incarichi prestigiosi, è sempre vivo. Ecco spiegarsi così il desiderio di ritornare spesso nella terra natìa per riabbracciare la sua gente: «Dopo aver girato il mondo in lungo e largo io resto un uomo del sud» e «passare in contemplazione del castello [Castel del Monte] questi ultimi anni che mi restano».

Ormai le riflessioni aprono alla filosofia e, preso atto che Tempus fugit, perché non ricordare che «Il tempo con il suo trascorrere insegna tutte le cose»? (Eschilo).

Lei che sa educare a rialzarsi dalle ‘cadute’ e a saper sviluppare la resilienza, lei che, con caparbietà, sottolinea con orgoglio di essere del Sud perché l’epiteto ‘terrone’ indica etimologicamente l’origine dalla madre terra, e che «non senza fatiga si giunge al fin», lavori ancora con i giovani e per chi continua a credere nei propri sogni. Ora che è diventato più ‘antico’ e saggio rispetto allo scorso anno in cui ha spento 80 candeline, allontani tristi pensieri con affermazioni del tipo «E mi sono stancato della vita» a causa di un «Mondo reo. Non c’è più virtù. Tutto declina» (Falstaff).

Se è vero che il comandante affonda con la nave, non esca di scena perché c’è ancora bisogno di esempi positivi e di leoni che sappiano difendere la meritocrazia e il talento. Coincidenza vuole che, essendo lei nato il 28 luglio, appartenga al segno zodiacale del Leone. Non sto a ricordare le caratteristiche di questo segno, ma ciò che rappresenta. Il leone è presente nella metafora di Cristo che difende i propri figli e fratelli ma anche colui che punisce i peccatori, (signum potentiae Dei) come rappresentato nella Cattedrale di San Nicola a Bari.

Rimanendo nella metafora: lei che ha sempre combattuto come un leone perché ritirarsi quando basterebbe, riferendoci ancora alla stessa opera verdiana, accettare la morale che in fondo «Tutto nel mondo è burla»?

Maestro, interpretando il pensiero di quanti la seguono con affetto e ammirazione, in occasione del suo genetliaco appena trascorso, Ad multos annos !

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