Gigi Proietti, l’uscita di scena di un fuoriclasse

L’ironia della sorte ha voluto che la morte di Proietti coincidesse con il giorno del suo genetliaco. Nato a Roma il 2 novembre del 1940, oggi avrebbe compiuto 80 anni. Considerato da molti l’erede naturale di Ettore Petrolini, se per quest’ultimo è nota l’espressione «Meno male, così moro guarito», come risposta alle parole rassicuranti dei medici, per Proietti purtroppo non si può dire poiché la situazione cardiaca ormai compromessa, nonostante la terapia intensiva presso la clinica romana (Villa Margherita), è precipitata alle prime luci dell’alba.

Definirlo non è facile perché la sua poliedricità artistica lo ha reso unico. In primis attore di teatro ma anche cabarettista, comico, cantante, doppiatore, direttore artistico, conduttore e ancora personaggio attore televisivo, cinematografico e docente.

Già attivo dagli Anni ’60 ha saputo mettere in rilievo i suoi talenti in ogni esperienza artistica facendo dialogare le innate e molteplici caratteristiche.

La comicità di Proietti ha spaziato anche in tematiche inusuali. Come non ricordare un celeberrimo cavallo di battaglia che prende a prestito una poesia metasemantica di Fosco Maraini, padre della celebre Dacia, recitato non sic et simpliciter ma impreziosito da un contesto originale, una serata culturale per pochi “eletti”, in modo che la recita del testo assurge quasi ad esaltare non tanto l’autore quanto l’attore che diviene manipolatore della parola, una sorta di contraltare al gramelot di Dario Fo:

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Il lonfo

Il Lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco e gnagio s’archipatta.

È frusco il Lonfo! È pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e ti arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.

Eppure il vecchio Lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;

e quasi quasi in segno di sberdazzi
gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.

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Con il calare del sipario la farsa è finita per davvero e pensare alla sua scomparsa ci fa salire già le lacrime agli occhi perché come ci ha insegnato Gigi: «Durante una farsa si ride con le lacrime agli occhi. Finita la farsa, le risate finiscono e rimangono solo le lacrime agli occhi».

A consolarci rimane il grande esempio di Maestro unito al lascito che rivive attraverso i suoi numerosi allievi (Enrico Brignano, Giorgio Tirabassi, Gabriele Cirilli, Flavio Insinna e tanti altri), consapevoli e orgogliosi di aver incontrato nella loro esperienza artistica ed umana un autentico mèntore.

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