Il cinema, fin dalla sua nascita, deve confrontarsi con quelli che sono il suo maggior pregio e il suo più gran difetto: il primo è la visibilità da parte di un vasto pubblico. Si potrebbe dire perfino vastissimo, sicuramente il più grande che un’arte abbia mai potuto avere a disposizione. Questo perché si bas sul visibile e sul sonoro, non serve aver studiato, non serve sapere leggere o scrivere per entrare in contatto con il cinema, basta sedersi ed essere catturati dalle immagini proiettate.
Il secondo (profondamente legato al primo) è la natura commercializzabile del cinema. L’industria ha subito preso a ben volere la settima arte, “prendendola a braccetto” (come diceva Majakovskij già nel 28’). Ciò che l’industria ha fatto al cinema è stato dargli dei codici, una grammatica, che sebbene nati anche con l’intento di limitare usi orrendi dell’immagine che risulterebbero un dolore per gli occhi dello spettatore, ne hanno tuttavia limitato le forme espressive in maniera molto rigida, oggi addirittura ridicola. Così come ridicolo è che ci siano dei manuali che decretino come sia giusto raccontare. Di fatto noi oggi al cinema ne vediamo un solo modo ovvero la narrazione, l’historia (la storiella).