La grotta dei cervi, la “Cappella Sistina” del Neolitico, la più grande (non) scoperta del Salento

La grotta dei Cervi

Lecce –  Il nostro Salento è terra dalle infinite risorse e dagli innumerevoli tesori. Abbiamo un universo di bellezza intorno a noi che però non riusciamo a valorizzare. Uno dei principali “monumenti” del neolitico in Europa si trova a Porto Badisco e ci sono salentini che ancora non conoscono la sua esistenza, nonostante sia stato scoperto 47 anni fa.

Eppure stiamo parlando di qualcosa di unico, eccezionale, di un serbatoio di storia, qual è la Grotta dei Cervi, situata ad una profondità di 26 metri sotto il livello del mare, che racchiude la storia dell’uomo in terra salentina.
Al suo interno ci sono una serie di pittogrammi, circa 3000, e tracce che vanno dall’età paleolitica all’età dei metalli, del neolitico. Uno spettacolo che si apre di fronte ad un complesso di cunicoli collegati tra loro; ci sono tre corridoi principali lunghi circa 300 metri. Una scoperta che ha aperto la via alla conoscenza della storia delle nostre più antiche radici. Per arrivarci si devono percorrere strade bucoliche e attraversare distese di oliveti, percorsi dove i nostri antenati vivevano e svolgevano gran parte delle loro attività.

All’epoca quella terra era una pianura fertile, dove poter allevare suini, bovini, ovini e si viveva grazie a queste attività.
Ma cos’era effettivamente la Grotta soprannominata dei Cervi per ora è ancora un mistero; definita dal National Geographic la “Cappella Sistina del Neolitico”, sicuramente era un luogo sacro risalente ad un arco temporale che va dagli 8500 ai 5000 a.C.
Le varie pitture astratte, i simboli, le scene di vita e le mani dei bambini impresse alla fine di uno dei corridoi fanno pensare ad un rito iniziatico, che donano al luogo un tocco mistico. Oppure era il luogo dove si seppellivano i propri cari. Una scoperta di tale importanza deve diventare un’opportunità per il Salento, per i salentini, per gli studiosi di tutto il mondo, e deve esser messa nelle condizioni di intercettare un numero altissimo di turisti che potrebbero assicurare un indotto economico notevole per tutto il territorio; ed invece a 47 anni dall’avvenimento ci dobbiamo porre sempre le stesse domande.

È stato fatto tutto il possibile per valorizzare questa scoperta? La risposta è nei fatti, non è mai stata valorizzata per quello che doveva essere. È una miniera di informazioni unica che equivale ad un tesoro di inestimabile valore che però se non può essere fruibile da tutti non sarà mai quello che è e poteva essere ma rimane soltanto uno strumento che è rimasto incagliato tra le maglie, della fitta rete, di una politica che non riesce a svolgere il suo compito.Vero è che si è provveduto alla ricostruzione in 3D che seppur sia importantissima non sarà mai come una visita guidata, e seppur sia giusto chiudere la Grotta ai visitatori per non alterare il delicato microclima che ha permesso sinora la conservazione delle pitture, una domanda sorge spontanea: siamo certi che le attuali tecnologie non siano in grado di ovviare al problema?

Premesso che tutto questo discorso serve a riportare all’attenzione la scarsa valorizzazione del sito, dobbiamo essere lungimiranti e combattere in modo che possa diventare patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco e poi, quanto prima, dovrebbe essere realizzata una copia perfetta della Grotta, in un sito diverso, costruita con le moderne tecnologie in modo che sia utilizzabile da tutti. E non parliamo di qualcosa di irrealizzabile ma di un progetto che in altre parti del mondo è stato realizzato usufruendo poi dei frutti di tale impegno.
In modo particolare parliamo di un luogo analogo, una grotta che conserva oltre 600 pitture di circa 18mila anni fa, si trova in Francia sulle colline vicino alla città di Montignac, è la grotta di Lascaux, scoperta nel 1940, è Patrimonio dell’umanità dell’Unesco dal 1979 e nel 1983 è stata realizzata ed aperta Lascaux II, la replica creata a circa 200 metri dal sito originale. Inutile dire che è divenuta la meta principale del turismo di tutto il mondo.Prendiamo spunto da quello che altri riescono a fare ed in modo efficiente realizzano, tutelano e valorizzano.Abbiamo bisogno di ascoltarla nel pieno dell’efficienza la voce della nostra Grotta dei Cervi che ci parla, vuole raccontarci tante cose, ci fa vedere il nostro passato che ancora non siamo in grado di comprendere eppure si trova lì, tatuato nella pietra e nell’anima della storia e chiede soltanto di essere capito e decifrato, ed invece ci perdiamo nell’assurda Torre di Babele delle istituzioni che in tutti questi anni ancora non hanno capito che bisogna investire e programmare.

Bisogna agire. L’indotto turistico che porterebbe una simile riproduzione diventerebbe un serbatoio di risorse economiche di enorme entità; Otranto e Porto Badisco e l’intero Salento diventerebbero ancora più belle cavalcando a ritroso la storia, e come in una macchina del tempo naturale potrebbero permettere a tutti di ritornare indietro per aprire gli occhi e guardare, richiuderli e sognare, riaprirli e studiare per capire, per avere delle risposte e prendere spunto da chi ci ha preceduto più di 8000 anni prima dell’avvento di Cristo, e scoprire magari che da loro, tuttora abbiamo solo da imparare.

A questo proposito, e lo ripeterò fino a quando non l’avremo ottenuta, se avessimo una cabina di regia, un ente di prossimità, la Regione Salento, non avremmo dubbi a considerare prioritaria questa meraviglia e saremmo pronti a scrivere il nostro futuro partendo da un passato preistorico che non aspetta altro che essere capito, scoperto e valorizzato. Apriamolo questo scrigno, perché un tesoro nascosto in uno scrigno non brillerà mai. Facciamo in modo che questa sia la più grande scoperta del secolo e non la “NON” scoperta di chi non ha la capacità di agire.

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