Destra e sinistra

destra sinistra boh 770x400È sotto gli occhi di tutti che l’attuale politica nazionale ha perso, dopo il 2008, le coordinate fondamentali. Come afferma Veneziani, la sinistra è stata ‘liquidata’ da Napolitano e da Renzi, la destra invece è proprio ridotta in soluzione aeriforme. Ma c’è di più. L’attuale Governo è ai limiti della democrazia e della costituzionalità e il regime nel quale transita l’Italia è di uno Stato molto vicino alla vecchia Unione Sovietica in forma ribaltata.

E ciò nel senso che mentre nell’URSS venne abolita la proprietà privata e i frutti di questa dati al popolo, oggi in Italia si conserva la proprietà, ma lo Stato sottrae quasi tutti i profitti derivante dall’attività privata: la tassazione è vicina al 60% del reddito prodotto. In ogni caso, troviamo uno Stato regolatore del livello di benessere del cittadino, dove attualmente provvede in maniera metodica all’impoverimento delle fasce deboli della popolazione e al depauperamento del Mezzogiorno, una delle aree economicamente più potenti d’Europa prima dell’Unità d’Italia. E non solo, ha messo alle strette anche l’imprenditoria.

È questa la terza Repubblica o siamo in un regime transitorio? Tutto lascia pensare che con le prossime elezioni politiche si dovrebbe ritornare ad uno stato di cose più costituzionale e democratico, in cui si possa riaccendere il dibattito popolare sulle sorti della nostra Italia. In tale prospettiva ha senso parlare di destra e di sinistra. Ma in quale contesto?

Dopo il crollo del Muro di Berlino, nel 1989, si innescò un processo di revisione politica generale in cui Occhetto, segretario del PCI, pose in disarmo il comunismo e, dall’altra, Fini, nel 1991 al congresso di Fiuggi, fece del fascismo solo un episodio storico. Sicché l’Italia divenne liberale e liberista. Naturalmente, le mentalità comunista e fascista sopravvivono ancora oggi e per certi aspetti forgiano l’azione dei politici, ma in un contesto rinnovato, in un quadro economico e sociale più evoluto, in soluzioni sublimate. Di fatto e istituzionalmente non esistono più. Nei primi anni novanta furono definitivamente archiviati da Bobbio, col noto saggio “Destra e sinistra” e a livello popolare da Gaber. Ma la destra e la sinistra morirono? Di certo no!

Il pensiero dominante nella Seconda Repubblica fu centrato sul liberalismo e sul liberismo. Qui, su tale piano si sviluppano le correnti di sinistra e di destra. Ma in primis va specificato che il liberalismo tende ad un regime costituzionale come garante dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini, alla valorizzazione della dialettica parlamentare, alla limitazione dell’ingerenza statale nelle attività individuali, alla divisione dei poteri, alla laicità delle istituzioni e alla tolleranza religiosa. Al riguardo è indispensabile richiamare Karl Popper, filosofo ed epistemologo, che sancisce definitivamente il valore della democrazia, quale forma di governo irrinunciabile, dal momento che la conoscenza umana è fallibile e la ragione produce risultati incerti.

Fatti salvi questi principi, cosa connota la destra e la sinistra? E’ sul piano economico che si colgono i distinguo rilevanti, che poi hanno orientato, fino al 2007, l’azione dei Democratici di Sinistra e dell’area berlusconiana.

Il liberismo di destra difende il lassez faire come unico regime moralmente giustificabile. E ciò premesso il diritto di ogni individuo di utilizzare senza limitazioni la sua persona e di appropriarsi ancora senza limitazioni delle risorse esterne. Ma c’è di più. Tutto ciò che l’individuo acquisisce grazie all’aiuto delle proprie abilità e dei propri sforzi può essere scambiato liberamente con i beni di altri. Naturalmente, è scontato, che nell’appropriarsi delle risorse non si debba utilizzare la violenza. Lo Stato è visto come regolatore dei giochi tra privati, dove ognuno, in un’ottica britannica, deve “cavarsela da solo”. L’interventismo statale è giustificato ed invocato solo in casi di estremo bisogno e di indigenza cronica.

Il liberismo di sinistra vede invece la meritocrazia come il miglior regime politico. Accetta il punto di partenza della destra con l’unica variante che l’acquisizione iniziale di risorse non possa essere senza limiti o solo leggermente limitata. L’impostazione di sinistra ritiene che le risorse debbano essere divise dallo Stato equamente tra i membri della società, ovviamente in una fase iniziale del percorso di vita. Noto è l’accento posto negli anni ’90 da D’Alema su uguaglianza e ed egualitarismo, dove viene rimarcato che le posizioni di partenza dei cittadini debbano essere per tutti uguali. Quello poi che un individuo fa di queste risorse dipende dalle sue caratteristiche personali. Naturalmente, l’ereditarietà delle risorse per la sinistra è severamente limitata. Non a caso Berlusconi eliminò la tassa sull’eredità, reimpostata poi da Renzi ultimamente.

Il nodo dunque tra destra e sinistra sta nella dotazione iniziale delle risorse da parte del cittadino e sulla libertà di disporne.

Questi i temi che nella Seconda Repubblica hanno stentato a decollare a causa della corruzione cronica e generalizzata nello Stato, rispetto alla quale si richiede un rinnovamento morale nella Terza Repubblica, facendo salvi i principi liberali e liberisti. In tale direzione un colpo robusto al sistema delle corruttele viene dai Cinque Stelle, i quali non hanno un programma politico definito, ma la loro funzione rimane decisamente necessaria per una svolta, cui oggi tutti i partiti stanno reagendo in maniera che lascia ben sperare, attraverso il rinnovamento dal basso della classe dirigente ed un atteggiamento politico più evoluto.

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